Uno dei temi che mi ritrovo molto spesso ad affrontare durante le sessioni con i miei clienti ha a che fare proprio con le relazioni. Quando si parla di relazione quello che subito ci viene in mente è la relazione amorosa, ma in verità le relazioni possono essere anche quelle con gli amici, con i colleghi di lavoro e in ogni caso tutte quelle volte che ci troviamo ad interagire con qualcuno, anche con noi stessi.

 

E già perché la prima relazione che noi abbiamo (almeno da adulti si intende!) è con noi stessi.

 

Quando nasciamo, la prima persona con la quale entriamo in questo rapporto è nostra madre. C’è un lungo momento in cui continuiamo a vivere in fusione con lei, ci sentiamo un tutt’uno per poi attraversare nelle varie fasi dello sviluppo un distacco.

 

Poi entriamo in relazione con nostro padre e così avanti con le persone che entreranno poi a far parte della nostra vita.

 

All’inizio, da bambini, sembra funzionare tutto alla grande, siamo completamente aperti all’amore e siamo profondamente e squisitamente vulnerabili. Sentiamo tutto e siamo connessi con il Tutto.

 

Ogni cosa sembra meravigliosa ed entusiasmante proprio perché siamo immersi profondamente in quello che facciamo e senza filtro alcuno.

 

Sfortunatamente, ad un certo punto, abbandoneremo questo stato, diventando sempre più cauti e diffidenti verso la vita.

 

COME È POTUTO ACCADERE TUTTO CIÒ?

 

Le esperienze della vita, la nostra storia famigliare, la mancanza di sostegno e supporto hanno fatto sì che chiudessimo il cuore. Siamo diventati insensibili verso la vita, non sappiamo più sentire ed esprimere le nostre emozioni, sepolte come sono da strati di schemi e compensazioni per proteggerci da quel dolore e da quello stato di shock del non essere stati capiti, riconosciuti e amati per quello che siamo davvero.

 

Magari da bambini abbiamo avuti dei genitori troppo presi da sé stessi o dalle loro cose personali per sentirci, accoglierci e amarci pienamente e incondizionatamente, oppure sono stati troppo insensibili e non ci hanno trattato con rispetto (pensando che non capissimo e che non avessimo il diritto a parlare, a ridere, giocare e sentirci davvero felici e connessi alla vita). Forse sono stati genitori assenti fisicamente ed emotivamente.

 

E NOI COME ABBIAMO RISPOSTO A TUTTO QUESTO?

 

Ognuno di noi ha il suo personale modo per proteggersi, affinato nel tempo e che in quel tempo ci ha salvato la vita rinchiudendoci dentro la nostra torre di avorio e ora, da quella stessa prigione che un tempo è stata la nostra salvezza, non siamo più in grado di liberarci.

 

Alcuni di noi si arrabbiano e diventano aggressivi quando percepiscono di essere trattati in modo insensibile, altri magari sono anestetizzati e adottano un modello in cui si convincono di non avere bisogno di nessuno e di essere capaci di fare tutto da sé, di non avere bisogno dell’amore di qualcuno accanto, qualcun altro diventa sottomesso e servile (sperando) che così facendo questo eviti che l’altro se ne vada…(impara a fare il bravo bambino/a).

 

Insomma con tutto questo contorno che relazione stiamo vivendo in verità? Sentite che pesantezza e impossibilità c’è nell’aprirsi all’amore?

 

Da questo spazio noi proiettiamo la nostra storia sull’altro, sentendoci così frustrati, impauriti e vivendo una vita piena di dolore perché qualcosa di davvero nutriente c’è mancato e continua a mancare. Viviamo un’assenza più che una presenza, ricercando così relazioni colme di quell’assenza.

 

Tutte queste situazioni non hanno a che fare solo con le relazioni, ma con tutti gli aspetti della nostra vita. Siamo un Tutto, siamo un Uno e non possiamo pensare che avendo chiuso una parte (fondamentale direi!) di noi, il resto ne beneficerà lo stesso. Non è possibile vivere pienamente e apertamente senza l’amore.

 

Capite bene che qui si va ben oltre la relazione con l’altro. Dicevo proprio all’inizio che questo ha a che fare con noi, prima di tutto con la nostra capacità di riaprire il cuore, di attraversare il nostro dolore, di sganciarci dalla storia e ricominciare a vivere una vita davvero piena. E vivere una vita piena significa aprirsi all’amore.

 

E aprirsi all’amore significa tornare integri, vulnerabili e innocenti vivendo dentro e fuori di noi quello stato di innocenza originario.

 

Oriana Russi newsletter
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